Il sale della dieta causa danno cerebrale attraverso TH17 intestinali

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 20 gennaio 2018.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: AGGIORNAMENTO E RECENSIONE]

 

Una dieta ricca di cloruro di sodio è associata ad un rischio accresciuto di malattia cerebrovascolare e demenza, ma non è chiaro con quali meccanismi il sale della dieta nuoce al cervello.

Giuseppe Faraco e colleghi, coordinati da Costantino Iadecola, hanno studiato l’eccesso di sale dietetico nel topo, verificando che le dosi tossiche per il cervello sopprimono il flusso ematico cerebrale a riposo e la funzione endoteliale, causando un rilevante deficit cognitivo. I ricercatori hanno poi riconosciuto uno specifico meccanismo, non descritto in precedenza.

(Faraco G., et al., Dietary salt promotes neurovascular and cognitive dysfunction through a gut-initiated TH17 response. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-017-0059-z, 2018).

La provenienza degli autori è la seguente: Feil Family Brain and Mind Research Institute, and Department of Radiology, Weill Cornell Medicine, New York, NY (USA).

Numerose evidenze sperimentali hanno confermato un rapporto diretto fra dieta e disturbi neuroinfiammatori e neurodegenerativi, tanto che la dieta con alto tenore di sale e colesterolo (HSCD, da high-salt and cholesterol diet) è divenuta uno standard per indurre neuroinfiammazione e danno cognitivo sperimentale nei roditori, allo scopo di verificare l’efficacia di nuovi presidi terapeutici[1].

La sperimentazione condotta da Faraco e colleghi ha dimostrato che l’eccesso di sale dietetico nei roditori promuove alterazioni neurovascolari e disfunzione cognitiva. L’effetto sembra dipendere dall’espansione delle cellule TH17 nel piccolo intestino, che determinano un marcato incremento nel plasma dell’interleuchina 17 (IL-17). La IL-17 circolante agisce poi causando disfunzione del sistema delle cellule endoteliali e alterazione cognitiva. In particolare, la IL-17 agisce mediante fosforilazione inibitoria Rho chinasi-dipendente della NO-sintetasi endoteliale e ridotta produzione di NO nelle cellule endoteliali dell’encefalo.

I risultati dello studio, per i cui dettagli si rinvia alla lettura integrale del testo dell’articolo originale, rivelano un nuovo asse intestino-cervello, che collega l’abitudine dietetica al disturbo cognitivo mediante una risposta immune adattativa, avviata al livello enterico e in grado di compromettere la fisiologia cerebrale attraverso la IL-17 circolante.

Pertanto, la via cellulare TH17–IL-17 costituisce un possibile bersaglio per contrastare gli effetti cerebrali deleteri dell’eccesso di sale nella dieta, e potenzialmente anche danni in altre malattie cerebrali associate con la polarizzazione TH17.

 

L’autore della nota invita alla lettura delle numerose recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-20 gennaio 2018

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Husain I., et al. High-salt- and cholesterol diet-associated cognitive impairment attenuated by tannis-enriched fraction of Emblica officinalis via inhibiting NF-kB pathway. Inflammopharmacology – Epub ahead of print, Jan 15, 2018.

Si fa presente, tuttavia, che una dieta con un tenore troppo basso di cloruro di sodio, quale quella consigliata dall’OMS per l’ipertensione (1,5 g di sodio/die), a lungo andare può, tanto quanto quella con alto livello di sale, causare danno renale (Yoon C. Y., et al. High and low sodium intakes are associated with incident chronic kidney disease in patients with normal renal function and hypertension. Kidney Int. pii: S0085-2538(17)30764-0, Nov. 29, 2017). In questo studio, su un totale di quasi ottomila pazienti, il rischio maggiore vi era per ipertesi che consumavano meno di 2,08 g/die o più di 4,03 g/die; il rischio più basso in quelli che rientravano nell’intervallo tra 2, 93 e 4,03.